giovedì 6 maggio 2010

Poi venne Facebook


Allora ecco la storia. Ero al ginnasio. C'era un clima di merda. Tutti tartassati, tutti vessati, tutti in odore di sudore e bocciatura. Tra tutti spiccava Ciacci... "la ciacci". Ricordo il cognome e ricordo due cose. Primo: quando veniva interrogata faceva una perfetta scena muta. Secondo: una volta suo padre urlò per i corridoi: "mia figlia è un genio!!!". Pazzo? Pazzo certo. Ma ricordo anche che questa occhialuta ragazzona bianca e corvina in italiano scritto prendeva nove. Nove in un mondo di quattro. Il nostro stupore durava il tempo della consegna dei compiti. Troppo incasinati con ormoni e prof per coglierne il paradosso. Troppo occupati a cercare un oblio o a sperare in una guerra abbastanza grande da farci "scioperare".

fine primo tempo
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secondo tempo

Tra i banchi sedeva Michele. Brillante e intelligente, venne subito capito e bocciato, attraversando come una meteora gli alti soffitti del ginnasio. Giusto il tempo di diventare il mio migliore amico. Ancora oggi. Una di quelle amicizie inevitabili, di quelle con tanto di quel feeling da chiederti se, per caso, magari sei omosessuale.
Una mattina "la ciacci" viene interrogata. Come sempre si piazza lì, ingobbita, con l'espressione neutra e il sorriso a mezz'asta. Senza odiare. Senza amare.

Prof. "Parlami di Tacito". Muta.
Prof. "Parlami di Virgilio". Muta.
Prof. "Un argomento a piacere?". Sempre muta.

La Gelmini era lontana. Eravamo nel pieno degli anni 80. La prof. era una delle tante sacre istituzioni d'Italia. Solida come il PCI, inaccessibile come "Drive In". In classe una minima scintilla di umanità, era capace di abbagliarci tutti e lasciarci senza fiato. E quella mattina, la scintilla ci fu.

Prof: "Ciacci, come ti chiami?"

Tutti pensano "deve rispondere". Io e Michele ci guardiamo e subito capiamo che "la ciacci" non risponderà. Dietro i suoi spessi occhiali, una seconda scintilla lo conferma. E' di sfida e illumina l'aula.
“Che cos'è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità di esecuzione”.. ma alle volte è altro. Tenacia, coerenza, sprezzo del pericolo, sdegno progettato a tavolino. Si, Ciacci era un genio. Un genio raro, di quelli che ci tengono a restare incompresi. Non per noi. Non per la scuola. Non per suo padre. "Ciacci" era solo per sé, caparbiamente. Da quel giorno "Ciacci", per me e Michele, divenne per antonomasia il simbolo del genio eccentrico e non per tutti. Silenzioso, solitario, pronto a morire pur di non rivelarsi, pur di affermare il valore del silenzio, l'eroismo del pudore, la grandezza della rinuncia. Un'eroina incatenata a una pietra, pronta a farsi sbranare il fegato pur di non dovere sostenere il peso della parola. Ciacci, per me e Michele, è il Prometeo senza mito.
Poi venne Facebook

1 commento:

x ha detto...

bellissimo, veramente bravo