martedì 7 agosto 2012

Londron 2012

#2

Sono stato fermato più volte perchè camminavo nel senso sbagliato di marcia. A piedi. Un commerciante non voleva che pagassi con le monete. Sui marciapiedi ti scrivono da che parte guardare prima di attraversare. La cucina chiude alle 20.00. Pubbliche o private che siano, il senso delle regole qui è clamoroso. E un italiano osserva tutto ciò con lo stupore di un antropologo davanti a un copripene papuano. Ieri notte sono tornato in albergo a piedi. L'acqua del Tamigi rifletteva architetture grandiose. Ho incontrato un popolo di guardiani notturni, spazzini, portieri di palazzi, addetti alla sicurezza. Quando sono tornato in albergo avevo la mia personalissima definizione dei londinesi e di Londra.

Londinesi: popolo di combattenti

Alcuni sono veterani, la loro guerra l'hanno combattuta e vinta. Altri la stanno combattendo ogni giorno. Altri ancora sono "topini" in trincea tutti stretti attorno al loro fucile, con la paura di non sopravvivere al prossimo assalto. Tutti affrontano una grande città dal clima orribile, sospesa tra l'impero e l'odore di fritto che imperversa democraticamente. È una città efficiente e pulita questa, dove la libertà è cosa seria e quindi serissime sono le regole, per tutti. Lavata ogni giorno dalla pioggia, Londra non fa che riflettere le cose. Spietatamente. Sui fianchi degli autobus e della metro, sul metallo dei portoni e delle inferriate, sui marciapiedi umidi, sulle vetrine, sullo sguardo di chi incontro... ovunque mi giri non vedo che me stesso.

Londra: città specchio

Londra riflette e non ti dà tregua. Ogni giorno pone ai suoi abitanti sempre la stessa domanda: chi sei? cosa vuoi? ce la fai? L'impressione è che ogni possibile risposta sia qui ma - ancora una volta - a una regola: vietato avere sogni piccoli e capricci, incertezze e nostalgie, passato e vendette. Questa non è la spiaggetta tropicale dove sogni di scappare per aprire un chiosco di gelati. Qui serve un serio progetto di vita e si viene solo se armati di coraggio e sincerità. Qui non c'è spazio per cartacce, sorrisi, piccioni, bambini piccoli e amore. Qui è terra dei sogni, signori. Astenersi pacifisti.



sabato 4 agosto 2012

Londron 2012

#1


Can ai bai the return ticket tu Liverpul Strit?
Can ai bai the return ticket tu Liverpul Strit?
Can ai bai the return ticket tu...


È giorni che mi ripeto questa litania. Ora che la so a memoria, posso affrontare il viaggio per Londron da solo. Sono uomo! Sono cosmopolita! Londron mi fa una pippa! Carico come una trappola per topi supero il check-in, guadagno l'aereo, atterro a Stansted. Prima del traguardo vedo un enorme uomo nero. È un pakistano in divisa, seduto dietro un vetro che mi fa cenno di avanzare. "Mi?" (penso). "Iu!" (mi gesticola). La prima frase inglese che arriva alle mie orecchie è la sua e non c'entra col gatto sul tavolo. Non capisco assoltamente niente. Zero. Intuisco solo che la cosa ha a che fare coi miei documenti: una cosa fottutamente seria. La butto sull'ironia: "He he he... sorri bat mai inglisc is ander constracscion... he he he". L'uomo nero è pakistano e ignora il britisc iuma. Inizia a strangolare il mio documento. Capisco. Estraggo uno a uno i fascicoli settimanali della mia carta d'identità dalla bustina trasparente. Glieli do. Il suo "grunf" è una liberazione: sono entrato in terra londinese. 40 chilometri e 10 figure di merda dopo sono nel mio ufficio. Ci sono solo italiani e una percentuale di romani oltre i limiti di legge. Entro alle 9.30 per uscirne solo alle 23.00 in una Wenstmister scintillante, ventosa, stupenda e sopratutto chiusa. Non c'è modo di mangiare. Bere si. Mangiare no. Mi tornano alla mente le parole degli amici che sono stati a Londron: "ma si, prendi un mezzo e in un minuto sei in mezzo alla figa e ai locali". Forse non sono stato chiaro: SONO LE 23.00, NON MANGIO DA 11 ORE E SONO STATO IN UN UFFICIO DI ROMANI CHE NON HANNO FATTO ALTRO CHE MANGIARE. IL MEZZO LO PRENDI TU E QUELLA PUTTANA DI TUA SORELLA... VOGLIO UN CAZZO DI PANINO. NAO!!! Entro nell'unico buco illuminato che vende cibo. Con l'inglese fluente dell'immigrato in fin di vita, ordino il robo che somiglia di più a un panino. Una materia mollicosa beige avvolge una salsiccia grigia immersa da giorni in una guazza di uova vomitate. Sto affrontando un primato olimpico. La medaglia d'oro della merda di tutti i panini del mondo umano si fa strada attraverso il mio esofago. Il mio stomaco la prende con filosofia e mi salva la vita. Con un ultimo sforzo, mi qualifico per il letto dell'albergo.

Alla finale della mia personalissima Londron 2012 mancano 10 giorni. Sulla carta non sono il favorito.