martedì 23 ottobre 2012

Digital Family


"Il futuro è nelle nostre mani" (Edo)

La fase due di internet, irruppe dal portoncino di casa circa 5 anni fa. Nonni, figli, genitori... un'intera famiglia ne fu travolta con effetti diversi. I nativi digitali (Edo, Mimmo, Ale) vissero la cosa con naturalezza e curiosità. E oggi sanno già tutto. I matusa invece (nonni in primis) si sono fatti cogliere impreparati.

Nativi digitali
Io: "Chi sa il significato della parola icona?"
Edo: "iTunes"

Glossario di Ale: "Inecloniche" = "Giochini elettronici"

Mimmo: "Papà di mestiere scrive battute su internet"

Edo: "Papà, posso aprire Microsoft Word e scrivere dentro tutta la storia di Don Chisciotte e poi pubblicarla su Facebook?"

Mimmo: "Quando sarò grande, la mia password sarà culonero"

Matusa
Chiudo con l'immagine di un ottantenne travolto dal digitale: è l'avatar di mio padre su Skype. Mi sono chiesto a lungo se pubblicare questa cruda immagine. Alla fine ho deciso di si. Quello sguardo che scruta la webcam e quella canottiera, mi parlano di tutta la fatica che ho fatto a convivere per 31 anni con la sua tenace follia. Avrò qualche difettuccio, ma oggi sono uno splendido ultraquarantenne. Digitale.




lunedì 15 ottobre 2012

Dialoghi

In macchina
Sento la notizia del tipo che si è buttato da 39.000 metri in caduta libera.
"Edo, c'è un tipo che si è buttato da 39.000 metri in caduta libera!"
Edo: "Si chiama Felix Baumgartner"
"... Felix?"
Edo: "... Baumgartner"

A cena
In tinello piovono domande inquietanti.
Edo: "Ma i gay muoiono prima?"
Io: "No... mangia"
Mimmo: "Ma se noi sarebbero..."
Io: "... fossimo"
"Ma se noi fossimo uomini sessuali..."
"... omosessuali"
"Ma se noi fossimo omosessuali tu cosa ci dicessi?"
"... DIRESTI! Mimmo: l'italiano, L'ITALIANO!!!"

Viva l'italiano e la sua estrema complessità.

martedì 9 ottobre 2012

26. EDO CORNER < Dio Day >

"Buongiorno, vorremmo iscrivere nostro figlio Edoardo a catechismo"
"Ah bene. Questo è il modulo da compilare. Ecco la penna."
"Senta, che orario fate?"
"Il giovedì, una volta la settimana"
"Dovrà andare anche a messa?"

La Sorella dell'ordine delle Pastorelle di Dio capisce di avere davanti un'atea naturale che ignora i fondamentali: "bè, signora... si. La messa la deve fare"
"Ah... già... sa com'è, noi non pratichiamo..."
"Può essere l'occasione per riavvicinarsi a Dio.
(Commuovendosi) A proposito, don Vittorio se ne va e stiamo raccogliendo soldi per un regalo di commiato"
"..."
"Sa, gli prendiamo un compiuter piccolino, di quelli che si aprono..."
"... un portatile"
"Un portatile, sì...
(preoccupandosi) ma con le immagini dei santi eh?"

L'incontro con la suora l'avevo dimenticato ma era previsto. Noi genitori siamo stati in seduta plenaria da tinello per ben 2 ore prima di decidere se iniziare il primogenito al Verbo della Sacra Romana Chiesa. Alla fine, fumata bianca! Dal sinodo è uscita una scusa fantastica che ci preserva da eventuali fulmini divini e dalla responsabilità di genitori: siccome Edo non crede in Babbo Natale, nella Befana, nei fantasmi, nei mostri che abitano il buio, (non credeva neanche nella balena, ma l'ho fatto ragionare), è salutare sottoporre il suo agnosticismo annoiato al fuoco di fila dei teologi. La speranza è che gli insegnino un po' di vedo-non-vedo, ne ha davvero tanto tanto bisogno. Del resto lo sapevo. Alla domanda "papà, ma Dio esiste?", ormai la mia risposta creativa ("se ci credi, lo vedi") non bastava più. E così il D-day è arrivato: tra i fumi del minestrone, la madre mi informa della sua figura di merda con la Pastorella. Mentre parla, il testone di Edo si specchia sul suo fiero pasto. È stanco. Distrutto da settimane di pellegrinaggi in palestre e campetti sportivi nella speranza di capire quale sport gli farà meno schifo. Ha fatto prove per rugby, basket, calcio, nuoto, perfino scherma. Alza lo sguardo spento verso di noi e liquida la notizia del catechismo con la polemica di un senzadio:

"Andrò a catechismo senza aver fatto neanche una prova"

martedì 18 settembre 2012

3. ALE CORNER < Pullia >










 Da destra a sinistra: Jessica Rossi, medaglia d'oro di tiro a volo a Londra 2012 e Giangi


Ale: "Dov'è l'altla mamma?"
Mamma: "... l'altra mamma?"
Ale: "Quella che spalava e vinceva"
Mamma: "... che... che sparava???"
Ale: "... la Jessica!"*

Le Olimpiadi di Londra hanno tenuto il padre di Ale (che insistono a dire che sia io) lontano da casa per 13 giorni. Troppi. Al figlio minore serviva chiarire di nuovo rapporti e ruoli familiari con una bella vacanza. E così, tornato a casa, partiamo alla volta della "Pullia". Li laviamo, li pisciamo, li mangiamo e in aeroporto assegnamo un trolley ciascuno chè ci tenevano particolarmente. Riusciamo perfino a passare i controlli. Al gate troviamo una delle due coppie con cui condividiamo l'avventura. Ci abbracciamo come fratelli: come noi, anche loro fanno finta di nulla mentre i figli si avvinghiano ai nostri rotolandosi per terra; come noi, anche loro hanno appena litigato. Come noi, anche loro hanno lo stesso vergognoso pensiero: coraggio! tra 10 giorni torniamo in ufficio.

"Siamo in aeleo?"
"No Ale, siamo nel pullman che ci porta all'aereo"

...

"Stiamo volando?"
"No Ale, ci stiamo solo muovendo"

...

"Pecchè fanno bagnetto con la mallietta?"
"Sono le hostess che spiegano come si mette il salvagente"

L'aereo parte. L'aereo accelera. Il sorriso emozionato di Ale la dice lunga sul mio futuro avventuroso di padre. Intanto Edo e il suo amico cantano a squarciagola. Nella fusoliera, tra i presenti, si crea un clima sereno e rilassato:

"Giro, giro tondo,
casca il mondo
casca l'aereoplano
e tutti noi muoriamo...  ah ah ah"

mercoledì 12 settembre 2012

Non aprite quella scuola

Domani primo giorno di asilo per Ale. Oggi primo giorno di scuola per Mimmo. Non parlo del fatto che Mimmo non ha mangiato e Edo non ha dormito, di quanto brave e gnocche erano le maestre, di quanto tirati erano genitori e figli, della bottiglia di acqua rovesciata dentro la cartella di Edo, della bella sensazione di condurre per mano il futuro mio e del paese (questa ultima sensazione è certamente un gentile omaggio della vecchiaia). Oggi parlo degli atti di terrorismo dei fratelli più grandi nei confronti dei più piccoli: una pratica di cui avevo dimenticato il gusto.

Edo terrorizza Mimmo (1)
"Guarda che a scuolaaa... ci sono le telecamereeee... che ti riprendonooo se fai la cacca nel cestino!"

Mimmo terrorizza Ale (1) 
Mamma: "Ale, quest'anno sei nella classe degli Orsetti, è una bellissima classe sai? Hai delle bellissime maestre, tutte simpatiche"
Mimmo: "Non tutte. Una è così-così... vedrai..."

Edo terrorizza Mimmo (2)
Mimmo: "Io so scrivere ma non so ancora leggere e allor..."
Edo (interrompendolo): "NON SAI LEGGEREEE??? Dobbiamo dirlo alla maestra!"

Mimmo terrorizza Ale (2)
Ale fa una visita nella sede del suo prossimo asilo.
Mamma: "Hai visto Ale che belle classi? Hai visto che bel giardino?"
Mimmo: "Ale! Ale! Vedi questo segno a terra? L'ha fatto un bambino che cercava di scappare dalla scuola scavando"



martedì 7 agosto 2012

Londron 2012

#2

Sono stato fermato più volte perchè camminavo nel senso sbagliato di marcia. A piedi. Un commerciante non voleva che pagassi con le monete. Sui marciapiedi ti scrivono da che parte guardare prima di attraversare. La cucina chiude alle 20.00. Pubbliche o private che siano, il senso delle regole qui è clamoroso. E un italiano osserva tutto ciò con lo stupore di un antropologo davanti a un copripene papuano. Ieri notte sono tornato in albergo a piedi. L'acqua del Tamigi rifletteva architetture grandiose. Ho incontrato un popolo di guardiani notturni, spazzini, portieri di palazzi, addetti alla sicurezza. Quando sono tornato in albergo avevo la mia personalissima definizione dei londinesi e di Londra.

Londinesi: popolo di combattenti

Alcuni sono veterani, la loro guerra l'hanno combattuta e vinta. Altri la stanno combattendo ogni giorno. Altri ancora sono "topini" in trincea tutti stretti attorno al loro fucile, con la paura di non sopravvivere al prossimo assalto. Tutti affrontano una grande città dal clima orribile, sospesa tra l'impero e l'odore di fritto che imperversa democraticamente. È una città efficiente e pulita questa, dove la libertà è cosa seria e quindi serissime sono le regole, per tutti. Lavata ogni giorno dalla pioggia, Londra non fa che riflettere le cose. Spietatamente. Sui fianchi degli autobus e della metro, sul metallo dei portoni e delle inferriate, sui marciapiedi umidi, sulle vetrine, sullo sguardo di chi incontro... ovunque mi giri non vedo che me stesso.

Londra: città specchio

Londra riflette e non ti dà tregua. Ogni giorno pone ai suoi abitanti sempre la stessa domanda: chi sei? cosa vuoi? ce la fai? L'impressione è che ogni possibile risposta sia qui ma - ancora una volta - a una regola: vietato avere sogni piccoli e capricci, incertezze e nostalgie, passato e vendette. Questa non è la spiaggetta tropicale dove sogni di scappare per aprire un chiosco di gelati. Qui serve un serio progetto di vita e si viene solo se armati di coraggio e sincerità. Qui non c'è spazio per cartacce, sorrisi, piccioni, bambini piccoli e amore. Qui è terra dei sogni, signori. Astenersi pacifisti.



sabato 4 agosto 2012

Londron 2012

#1


Can ai bai the return ticket tu Liverpul Strit?
Can ai bai the return ticket tu Liverpul Strit?
Can ai bai the return ticket tu...


È giorni che mi ripeto questa litania. Ora che la so a memoria, posso affrontare il viaggio per Londron da solo. Sono uomo! Sono cosmopolita! Londron mi fa una pippa! Carico come una trappola per topi supero il check-in, guadagno l'aereo, atterro a Stansted. Prima del traguardo vedo un enorme uomo nero. È un pakistano in divisa, seduto dietro un vetro che mi fa cenno di avanzare. "Mi?" (penso). "Iu!" (mi gesticola). La prima frase inglese che arriva alle mie orecchie è la sua e non c'entra col gatto sul tavolo. Non capisco assoltamente niente. Zero. Intuisco solo che la cosa ha a che fare coi miei documenti: una cosa fottutamente seria. La butto sull'ironia: "He he he... sorri bat mai inglisc is ander constracscion... he he he". L'uomo nero è pakistano e ignora il britisc iuma. Inizia a strangolare il mio documento. Capisco. Estraggo uno a uno i fascicoli settimanali della mia carta d'identità dalla bustina trasparente. Glieli do. Il suo "grunf" è una liberazione: sono entrato in terra londinese. 40 chilometri e 10 figure di merda dopo sono nel mio ufficio. Ci sono solo italiani e una percentuale di romani oltre i limiti di legge. Entro alle 9.30 per uscirne solo alle 23.00 in una Wenstmister scintillante, ventosa, stupenda e sopratutto chiusa. Non c'è modo di mangiare. Bere si. Mangiare no. Mi tornano alla mente le parole degli amici che sono stati a Londron: "ma si, prendi un mezzo e in un minuto sei in mezzo alla figa e ai locali". Forse non sono stato chiaro: SONO LE 23.00, NON MANGIO DA 11 ORE E SONO STATO IN UN UFFICIO DI ROMANI CHE NON HANNO FATTO ALTRO CHE MANGIARE. IL MEZZO LO PRENDI TU E QUELLA PUTTANA DI TUA SORELLA... VOGLIO UN CAZZO DI PANINO. NAO!!! Entro nell'unico buco illuminato che vende cibo. Con l'inglese fluente dell'immigrato in fin di vita, ordino il robo che somiglia di più a un panino. Una materia mollicosa beige avvolge una salsiccia grigia immersa da giorni in una guazza di uova vomitate. Sto affrontando un primato olimpico. La medaglia d'oro della merda di tutti i panini del mondo umano si fa strada attraverso il mio esofago. Il mio stomaco la prende con filosofia e mi salva la vita. Con un ultimo sforzo, mi qualifico per il letto dell'albergo.

Alla finale della mia personalissima Londron 2012 mancano 10 giorni. Sulla carta non sono il favorito.