martedì 29 ottobre 2013

Quel Schifoso

Cugina di mamma: cos'è?
Io: … un Kindle, ci leggi i libri digitali
Cugina di mamma: lo usi?
Io: Bè, ora sto leggendo un romanzo di D'Annunzio che…
Cugina di mamma: AH! NO 'STA PARLARME DE QUEL SCHIFOSO!


Il paradosso temporale che ho vissuto durante uno dei tanti pranzi di famiglia è presto spiegato: mia nonna, lato Del Gesso, era cugina di grado plurimo della Duse. In famiglia sono tutti schierati con Eleonora e D'Annunzio è conosciuto più come "quel schifoso" che come "Vate". Io invece, segretamente, l'amo. E amo l'ingenuità e la sincerità del periodo storico che lo vide star.

C'ero già stato a Gardone Riviera. Cercavo la targa dell'ingegner sanitario Cosimo Canovetti, uno dei mitici personaggi della mia amatissima tesi. A Gardone era morto e speravo che la pianificazione di Parigi e la dimostrazione della superiorità della spinta dell'elica nell'aria rispetto alla sua forza di avvitamento meritassero quantomeno una targa. Niente targa. Mi trovai invece davanti all'ingresso della casa di "quel schifoso", più nota come "Vittoriale degli Italiani".

Sei anni e due figli dopo, sono di nuovo lì. Mimmo legge a Edo una delle tante iscrizioni ai posteri. Finita la lettura, si rivolge sottovoce al fratello:

"Edo, hai pregato?"

Eggià. Il Vate non era noto per la sobrietà. Tra le sue mille nevrosi, la più spettacolare era certamente la mania di grandezza. Non serve visitare l'anfiteatro, il mausoleo, la nave da guerra, il lago, l'orrido, gli ettari e ettari di giardino, le infinite stanze della sua villa "Schifamondo" dai cessi blu... a parlare della sua mania mi basta la vestaglia da notte. È un saio bianco di cotone, dal taglio razionalista che all'altezza dei genitali ha un foro circolare. Grande. E sopratutto orlato da un ricamo d'oro. Ho ancora negli occhi il prezioso oblò del poeta guerriero, quando leggo:

"Io ho ciò che ho donato"

"Quel schifoso"... povera Eleonora... povera cuginetta... Lo sparuto drappello di turisti di cui facciamo parte, arriva alla stanza della scrittura. La porta è tanto bassa che ci dobbiamo inchinare. Era alto 1:58 (anche se diceva di essere alto 1:63), ma non è per ripicca brunettiana che ci fa abbassare. "Quel schifoso" vuole che ci inchiniamo davanti al suo Genio. Ascolto la guida:

Questa stanza si chiama L'officina. Qui D'annunzio studiava, sperimentava e creava le sue opere. Era un artigiano della parola e quelli sono i materiali e gli strumenti del suo lavoro. Pensate che inventò anche le parole "Vigili del fuoco", "Tramezzino", "Velivolo", "Ornella"…

Ornella, "quel schifoso"… Al centro della stanza c'è un busto. Non l'avrei notato se non fosse coperto da un piccolo fazzoletto, come quelli che usano gli scultori per non fare seccare l'argilla che stanno plasmando.

Al centro della stanza potete vedere un busto. Ogni volta che il Vate entrava qui dentro, lo copriva per non farsi distrarre dallo sguardo. È il busto della Duse.

E "quel schifoso" m'ha commosso.

1 commento:

Serena ha detto...

Non è che "La pioggia nel pineto" può uscire da uno che proprio non gliene frega niente. Comunque.

Mi sa che eran due bei tipi.